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di Centro Studi
a cura di Paola Barresi, Centro Studi ANCL Experience
Nel contesto dell'attuale tema della sostenibilità ambientale, l’Agenzia delle Entrate torna a discutere di welfare aziendale, con la risposta all’interpello n. 329/2022 dello scorso 10 giugno, questa volta facendo rientrare il servizio di ricarica delle auto elettriche dei dipendenti tra quelli esenti da imposte, come tassativamente previsti dall’art. 51 del TUIR.
Il caso sottoposto all’attenzione dell’Agenzia riguarda la Società istante - parte di un più ampio Gruppo - particolarmente sensibile al tema della sostenibilità ambientale e impegnata in diverse iniziative “verdi” a livello aziendale, grazie alle quali in passato aveva sensibilizzato i propri dipendenti al ricorso alla mobilità elettrica, rinnovando il parco auto aziendale con automezzi elettrici o a tecnologia ibrida.
La richiesta del parere dell’Agenzia nasceva dall’intenzione della Società istante a spostare la propria attenzione sulla sfera privata dei propri dipendenti, promuovendo servizi per incentivarli all’acquisto di auto elettriche/ibride.
L’idea era quella di riconoscere alla generalità dei dipendenti sei mesi di ricarica gratuita (con un limite massimo di ricariche) presso i propri impianti fotovoltaici o idroelettrici ovvero, ove non possibile, stipulando convenzioni con soggetti terzi fornitori, per i soli dipendenti che avrebbero acquistato un’auto elettrica entro un determinato arco di tempo e sulla scorta di un accordo aziendale.
Il quesito verteva sul corretto trattamento fiscale da riferire a tale servizio: se assoggettarlo alla tassazione ordinaria quale reddito di lavoro dipendente o, come invece sostenuto dall’Istante, facendo rientrare il servizio di ricarica tra le iniziative di welfare aziendale, escluse da imposizione fiscale e previdenziale secondo la lettera del TUIR, considerando il servizio quale esempio di “educazione” all'uso corretto delle risorse nel rispetto dell'ambiente.
Il parere dell’Agenzia comincia dall’analisi normativa, ed in particolare dal consueto articolo 51 comma 1 del TUIR che definisce gli elementi che costituiscono il reddito di lavoro dipendente secondo il principio di onnicomprensività, quali “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”, escludendo, d’altra parte, le deroghe tassativamente indicate nel comma 2, alla lettera f). Qui il Legislatore dispone gli elementi da non intendersi parte del reddito di lavoro dipendente quali, per quanto qui di interesse, le opere e i servizi a) riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o sulla base di accordi o regolamenti aziendali, b) quando offerti alla generalità dei dipendenti o particolari categorie di dipendenti, c) con finalità di istruzione e di educazione (di cui all’articolo 100, comma 1 del Tuir), d) senza mai trattarsi di erogazioni sostitutive in denaro, e) direttamente messi a disposizione dal datore o da strutture esterne all’azienda e f) di durata limitata, come più volte ribadito dall’Agenzia.
Considerato quanto prospettato dalla Società istante, nonché dalla normativa di riferimento, l’Agenzia ritiene rispettata la ratio della norma, confermando la possibilità di applicare l’esenzione fiscale.
Il ragionamento e la decisione finale sostenuta dall’Agenzia sollevano alcune questioni di rilievo, soprattutto se si considera il possibile impatto che ciò potrà comportare d’ora in avanti.
In primo luogo, il riconoscimento di una finalità educativa legata a tematiche ambientaliste risulta certamente una novità: secondo l’Agenzia, infatti, le iniziative e le attività di sensibilizzazione dell’Istante possiedono la specifica finalità educativa dell’articolo 100, in quanto promuovono e incentivano un “utilizzo consapevole delle risorse ed atteggiamenti responsabili dei dipendenti verso l’ambiente”, proprio grazie al ricorso alla mobilità elettrica. Inizialmente tale ricostruzione potrebbe parere piuttosto “forzata”, soprattutto se si analizza il concetto di educazione fino ad oggi inteso dalla stessa Agenzia, legato, insieme alla finalità dell’istruzione, all’ambito scolastico.
Infatti, è possibile raccogliere interpelli passati nei quali i servizi considerati “educativi” erano, a titolo esemplificativo, legati agli asili nido, alle scuole materne e i centri estivi, oppure sussidi ai fini di studio, rimborsi spese per rette scolastiche o per il pagamento delle tasse universitarie.
D’altra parte, anche le interpretazioni passate più estensive del dettato normativo, giustificate dall’ampia formulazione della norma (cfr. Circolare 28/E dell’Agenzia delle Entrate, del 15/06/2016) riguardavano, anche se più alla lontana, servizi connessi con le istituzioni scolastiche come il servizio di trasporto scolastico o servizi di Baby-sitting.
In questi termini è possibile riconoscere la portata innovativa di questo interpello ma senza particolare stupore. Infatti, se il termine “istruzione” è intrinsecamente collegato all’attività dell’insegnamento e, dunque, alla scuola, il termine “educazione”, invece, ha un significato più ampio, direzionato maggiormente verso obiettivi più astratti di socializzazione e integrazione culturale.
Fatta questa premessa etimologica, ecco dunque come la volontà di educare i propri dipendenti ad assumere comportamenti responsabili e socialmente rilevanti in materia di sostenibilità ambientale non pare essere una lettura “forzata” ma semplicemente diversa dalle precedenti. E’, peraltro, assolutamente condivisibile se si considera l’odierna responsabilità dell’individuo moderno di conformarsi alle stringenti necessità ambientali per fronteggiare una crisi climatica sempre più evidente.
Inoltre, questa attenzione alle tematiche “green” è anche presente nel PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) che sancisce la transizione ecologica quale uno degli obiettivi primari da raggiungere nei prossimi anni, come ricordato dall’Agenzia. Ecco, dunque, come l’interpretazione innovativa della finalità educativa non pare nemmeno essere “inaspettata” dal momento che, non solo a livello nazionale ma anche globalmente parlando, il tema ambientale è tra i più discussi degli ultimi tempi.
Peraltro, non si tratta di un tema esclusivamente ambientale (impatto zero ed emissioni inesistenti per auto elettriche e riduzione delle emissioni di CO2 per le auto ibride) ma anche economico, considerata la diminuzione dei costi che andrebbero sostenuti nel lungo periodo.
Interventi sulla mobilità per motivi ambientali erano già stati fatti nel 2021 quando, a partire dal mese di luglio, le Tabelle ACI erano state modificate negli ammontari, cominciando a tenere conto anche della quantità di anidride carbonica emessa dall’auto, con importi minori per le sole auto aziendali con basse emissioni, sottolineando ancora di più la differenza di costo tra auto a benzina e diesel e auto ibride.
D’altra parte, concludendo, non è possibile proseguire oltre se non ci si sofferma sulla praticità di tutto questo: quante saranno le società italiane disposte a realizzare un cambio di rotta di questa portata, e investimenti di non poco conto, considerando che la maggior parte delle aziende in Italia sono PMI e non holding di grandi dimensioni?