Ufficio legale
di Gennaro Ilias Vigliotti
Il ritardo del contribuente nel fornire chiarimenti circa un presunto esposto contributivo già sanato a seguito di rettifica spontanea non legittima l’emissione del DURC negativo, anche se il chiarimento in questione è giunto dopo i 15 giorni previsti dal D.M. 30 gennaio 2015 in materia di rilascio del documento di regolarità contributiva. Lo ha affermato di recente l’INPS di Vicenza, accogliendo il ricorso amministrativo preparato dall’Ufficio Legale dell’ANCL su incarico di un consulente del lavoro iscritto all’Associazione.
Il cliente del professionista aveva assunto nel gennaio 2019 un lavoratore subordinato a tempo determinato, erroneamente registrandolo come dipendente a tempo indeterminato, omettendo così il contributo addizione pari all’1,4% previsto dalla normativa vigente. Nel giugno del 2019, verificata l’erronea comunicazione all’Ente previdenziale, la Società aveva proceduto a versare all’INPS il contributo addizionale dovuto. La pratica veniva aperta e chiusa dalla sede competente senza alcuna rilevazione di irregolarità.
Nel 2022, però, a seguito di richiesta DURC, il consulente aveva ricevuto, quale intermediario dell’Azienda, un invito a regolarizzare con riportati presunte omissioni contributive legate all’erronea registrazione del contratto del 2019. Chiesti chiarimenti alla sede territorialmente competente dell’Istituto, il consulente procedeva ad esporre analiticamente l’equivoco alla base delle somme erroneamente richieste. Incredibilmente, senza ricevere alcuna risposta, il datore di lavoro riceveva il DURC negativo ed una nota di rettifica, con la quale l’INPS recuperava le agevolazioni contributive fruite dall’Azienda.
Ciò perché, a detta del funzionario dell’Ente previdenziale, la richiesta di chiarimenti riferita all’erronea esposizione del credito contributo nell’invito a regolarizzare era pervenuta solo tramite cassetto previdenziale e fuori dal termine di 15 giorni dalla notifica dell’avviso stesso: era dunque stato emesso DURC irregolare, con conseguente recupero dei benefici ex art. 1, co. 1175, L. n. 296/2006.
Con ricorso amministrativo, volto ad impugnare sia il DURC negativo che la nota di rettifica, si eccepiva, in primis, che in nessuna parte della normativa in materia di DURC si evince l’obbligo del contribuente o dell’intermediario abilitato di contattare la sede INPS tramite e-mail, sia ordinaria che certificata. Se davvero il cassetto previdenziale fosse stato un canale irregolare, infatti, la maggior parte dei dialoghi tra intermediari ed Istituti sarebbero privi di efficacia, trattandosi della modalità più diffusa (e celere) di confronto con l’Ente.
Inoltre, si rappresentava all’Istituto che, pur volendo (per assurdo) ammettere che l’interlocuzione fosse stata tardiva, è principio giurisprudenziale consolidato quello per cui non è possibile emettere DURC negativo per mere irregolarità formali che non corrispondano a nessuna effettiva omissione contributiva da parte del contribuente. È stato recentemente affermato, infatti, che “il diniego del DURC è legittimo solo a fronte di irregolarità sostanziali e relative alle ipotesi di omesso versamento dei contributi. In assenza di violazione sostanziale di mancato versamento dei contributi l’INPS ha illegittimamente revocato gli sgravi fruiti” (cfr. Trib. Roma, Sez. Lav. n. 66/2022).
Accogliendo integralmente le eccezioni del ricorso amministrativo, la sede INPS di Vicenza ha accolto l’impugnazione ed ha annullato sia il Durc negativo rilasciato che la nota di rettifica emessa.
ALLEGATI:
INPS_Provvedimento amministrativo